giovedì 10 dicembre 2009

Arte sotto la Mole: sconvolgente articolo pubblicato su: "Lo Spiffero.com" di Bruno Babando.








Alle donne del castello piace molto fare quello............ enunciava inequivocabilmente un film scollacciato di metà anni Sessanta con la giovane e procace Edvige Fenech.

Del Castello di Rivoli invece sappiamo solo che a dirigerlo non sarà più una donna: dopo diciotto lunghi anni di incontrasto dominio di Ida Gianelli, la signora dell’Arte Povera, longa manus del suo ex Germano Celant, amante dei poteri forti e dell’high society, dopo il breve interregno di Carolyn Christov-Bakargiev che ha lasciato la direzione per approdare in Germania, nessuno sa chi occuperà la poltrona del più prestigioso museo d’arte contemporanea in Italia.

Già, ma è davvero ancora il più prestigioso, oppure l’incertezza che da più di un anno regna sovrana non fa forse presagire un riassetto della geografia artistica nel nostro Paese?
Andiamo con ordine. Dopo la crisi industriale degli anni Novanta, Torino si è “reinventata” città della cultura, del loisir, dell’arte.

Musei chiusi come la GAM finalmente riaperti al pubblico, altri costruiti ex novo come la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo e la Fondazione Merz, attorno un proliferare di spazi istituzionali e indipendenti, gallerie d’avanguardia, una fiera sempre più evento e sempre meno मेर्कातो.
। Pur non facendo mai numeri di rilievo (l’unico museo realmente amato dal pubblico torinese, Palazzo Bricherasio, chiuderà i battenti a fine dicembre), il mood in città ne ha certamente guadagnato, almeno dal punto di vista strategico: Torino capitale dell’arte contemporanea è divenuto un brand molto spendibile dalle istituzioni, divenute improvvisamente futili e vanesie, atteggiamento strano per i pragmatici piemontesi.


Torino ha così funzionato perfettamente da vetrina, dimostrandosi ospitale e accogliente per gli stranieri, ma dimenticandosi che per “scattare in avanti” è necessario produrre cultura, non solo importarla ed esibirla. Come succede a Valencia, Basilea, Anversa, Rotterdam, città di seconda fascia (sotto il milione di abitanti) capaci di inventarsi uno specifico locale forte e subito riconoscibile, nel campo della moda, del design, dell’architettura.

Torino, invece, si è arricchita di musei e si è depauperata di artisti. Dopo la generazione “dell’emergenza”, emersa negli anni Novanta, di nuovi artisti torinesi poche tracce. E così l’arte muore.

L’arte muore ma restano i musei, i direttori e le loro nomine. Mai che ai cittadini sia dato sapere qualcosa sui programmi, sulle linee guida, sulle intenzioni. Come carbonari, discutono e tramano di poltrone in luoghi segreti, alla gente non resta che prenderne atto.

Così dopo il lungo balletto per la direzione della GAM, assegnata a Danilo Eccher, inizialmente osteggiato dall’assessore Fiorenzo Alfieri che non voleva un “veltroniano”, il tormentone è passato a Rivoli। Per mesi è parso che l’unico candidato plausibile fosse Andrea Bellini, direttore da tre anni di Artissima, fortemente sostenuto dall’assessore regionale Gianni Oliva, nomination politica insomma che però non piace ai torinesi: troppo giovane, troppo romano, troppo mercato. Troppo sopportato, se il centrosinistra dovesse (auspicabilmente) perdere le elezioni a marzo.

Nel frattempo, arrivato Giovanni Minoli alla presidenza del Castello, è cominciato un lungo e segreto tour di consultazioni tra saggi e saggini, che dovrebbe portare alla scelta entro fine dicembre. I nomi sono quelli usciti sui giornali: Birnbaum, Basualdo, Gioni, Enwezor…

L’impressione è che dietro tutte queste incertezze ci sia invece una chiara consapevolezza। Dopo anni di lustro, il Castello di Rivoli è un museo in fase calante, dallo scarso appeal presso il pubblico, lontano, mal collegato e impervio। Vale davvero la pena investirci tanti soldi, se non dopo un profondo cambio di rotta? Nel frattempo a Roma aprono due nuovi musei d’arte

contemporanea, il MAXII gioiello di Zaha Hadid e il MACRO progettato dall’architetta francese Odile Decq। Gestazione lunga ed estenuante, la Capitale avrà due nuovi spazi in centro città, dove non manca certo il turismo

E’ prevedibile dunque che l’asse del contemporaneo, dopo un quindicennio, si sposti da Torino a Roma e che il Castello possa sopravvivere ridimensionato come un museo di nicchia।

Neanche il museo di Torino, ma quello di Rivoli…




Luca Beatrice.

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